martedì 2 febbraio 2010

LA CLASSE OPERAIA VA ALL'INFERNO

Il suicidio di Sergio Marra, segno estremo rappresentativo della mia generazione di Emiliano Battaino
Sergio Marra era un mio coetaneo. Era perché ha deciso con un gesto atroce e senza speranza di togliersi la vita dandosi fuoco. Della sua esistenza per tutti noi resteranno gli articoli dei quotidiani di questi giorni e le notizie veloci di alcuni telegiornali, per la sua famiglia il dolore e la disperazione. Non ci sarà per lui un funerale di Stato. Era un giovane operaio bergamasco che aveva perso il lavoro, la sua fabbrica aveva dichiarato fallimento e chiuso i battenti. Era un giovane senza lavoro come tanti, che non fanno notizia fino a che non compiono gesti clamorosi come salire sui tetti delle fabbriche, andare con gli striscioni a Piazza San Pietro o togliersi la vita.

Dei disoccupati si parla quando il loro ammontare arriva a percentuali con due cifre. Quindi se ne parla in situazioni estreme, straordinarie prese nella loro denuncia di esistenza e svantaggio massimo. Nessuno in questi anni ha raccontato bene la storia di una generazione di donne e uomini in cerca di una dignità attraverso il mezzo del lavoro. Alcuni di noi a trentacinque anni sono ancora alla ricerca della prima occupazione, altri laureati e specializzati lavorano come manovali, commessi o camerieri (lavori dignitosi ma che non avevano bisogno di anni di sacrifici sui libri), c’è chi emigra verso altri paesi in cui alla ricerca e all’intelligenza viene dato il giusto valore e infine c’è chi come Sergio perde il posto di lavoro e in un periodo come quello in cui viviamo non riesce a trovarne un altro. Perde la fonte del suo sostentamento, il suo futuro, la gioia di mettere in questo mondo figli, perde la dignità verso se stesso e perde la testa.

Purtroppo Sergio non è l’unico, altri di noi perdono i punti di riferimento e mentre vivono il proprio dramma vedono un paese che racconta il gossip, le vicende personali e senza senso di persone molto ricche, un paese in cui la politica si concentra solo sulle vicende giudiziarie, sessuali e capellifere del presidente del consiglio, anche lui ultra ricco. Il racconto ufficiale di questo paese è Belen, il Grande Fratello, il calcio. Della nostra generazione, della crisi della mia generazione, nessuno ne parla ordinariamente. Qualcuno con un ruolo importante ci definisce “bamboccioni” che non vogliono uscire di casa. Forse dovremmo ringraziare quella casa, “la famiglia” che ci permette di non arrivare al gesto di Sergio. La famiglia, purtroppo, è l’unico assistente sociale per noi.

Oggi mentre si parla della riabilitazione di Craxi non si ricostruisce la storia che parte da quel periodo sino ad oggi. Non è cambiato niente, anzi è cambiato tutto per non cambiare nulla. I politici hanno ancora più potere e ricchezza e a sceglierli non è il popolo ma le segreterie dei partiti. La nostra democrazia da parlamentare sta diventando autoritaria. La raccomandazione è più di prima l’unico strumento per arrivare ad un lavoro stabile. E il degrado morale aumenta ogni giorno. Non sentiamo la voce degli intellettuali rimossi dagli opinionisti scelti in base alla loro capacità di urlare più degli altri. E invece avremmo bisogno di storici, di psicologi, di sociologi, di specialisti che riescano a interpretare questa nostra realtà. Il nostro paese è cambiato troppo velocemente, i soliti pochi vanno avanti con la loro egemonia e la loro sempre più ostentata ricchezza, la massa divisa, spezzettata, macinata arranca, resiste, si aggrappa o si lascia andare come Sergio.

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