giovedì 14 gennaio 2010

LE ANIME BELLE DI ROSARNO di Lidia Ravera (dall'Unità)

I lavoratori stranieri che raccoglievano agrumi a Rosarno abitavano baracche simili a quelle della sterminata periferia di Bombay. Cartoni, copertoni, lamiere ondulate. Bene che vada una branda sfondata. Zero igiene. Buio. Bestie. I lavoratori stranieri che raccoglievano agrumi a Rosarno guadagnavano in media 2 euro l’ora e lavoravano un numero di ore che nessuna legge di nessun paese civile consente. I lavoratori stranieri che raccoglievano agrumi a Rosarno non avevano affetti né conforto. Lavoravano e basta. Tutti maschi, giovani, di pelle nera. I cittadini di Rosarno, che non raccolgono agrumi a Rosarno, erano disturbati dalla vista di quell’esercito di sfruttati silenziosi, rassegnati, forti e soli. C’è da comprenderli: non era un bello spettacolo. Era uno di quegli spettacoli che mettono disagio e vergogna.

Ma alcuni cittadini di Rosarno, di quelli che non raccolgono agrumi, hanno manifestato l’intenzione di scacciare quegli stranieri che raccoglievano agrumi a Rosarno, quasi fosse colpa loro, quasi fossero loro, i reponsabili, gli autori, i registi di quel brutto spettacolo. Erano soltanto gli attori, e recitavano il ruolo per forza, non certo per sfizio. A nessuno piace far pena, meno ancora fare ribrezzo. Alcuni a Rosarno si sono sentiti minacciati da tutto quel dolore, da tutta quella fatica, da tutta quella disperazione, compresse lì, alla periferia della loro ridente cittadina. E che cosa hanno fatto? Li hanno aiutati? No: hanno aperto la caccia. La caccia è pur sempre uno sport, e come gli sport serve a scaricare i nervi. Così, in piazza coi forconi, sono scesi anche diversi nullafacenti annoiati. Quelli che non raccolgono niente, neanche la spazzatura. «Fuori i negri da casa nostra», urlavano. E menavano duro. Ma naturalmente nessuno di loro era razzista. Il razzismo è un’invenzione dei comunisti o di chi ne fa le veci. In Italia, siamo tutti anime belle.

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